La fusione che ha portato vari brand automobilistici europei sotto l’egida di Stellantis sembra non fruttare in tutti i Paesi produttivi
L’epica fusione di vari colossi automobilistici europei sotto l’ombrello di Stellantis ha scatenato un vortice di aspettative e speculazioni finanziarie. I dati aggregati hanno sicuramente dipinto un quadro positivo per la nuova galassia automobilistica, ma sotto la superficie di questa brillante costellazione si nascondono discrepanze sorprendenti. Tuttavia, l’Italia, seppur parte integrante di questa unione, rimane un’eccezione dolorosa a questo trend. Nonostante l’auspicio di un miglioramento complessivo, il panorama italiano rimane intrappolato in una lotta produttiva, con gli indicatori che non rispecchiano il successo generale della neonata fusione.
Il faticoso risveglio finanziario italiano all’interno del gruppo Stellantis è una nota stonata nel concerto delle performance globali e questo contrasto tra il successo complessivo e la struggente situazione italiana aggiunge un’ombra di incertezza sul futuro dell’industria automobilistica nel paese. La speranza di una ripresa economica nel Bel Paese, all’interno del regno di Stellantis, è diventata una priorità cruciale per stabilizzare la situazione complessiva. I numeri insindacabili dell’anno uscente dipingono una realtà purtroppo decadente dal punto di vista della produzione, non in linea con la media dei risultati ottenuti negli altri Paesi produttivi.
La rinascita di alcuni brand, raggiunta grazie alla fusione sotto il controllo della galassia Stellantis, è sicuramente un dato positivo riscontrabile con i dati di vendita ottenuti nel corso del 2023 appena terminato. Brand come Opel e Peugeot, o per restare in Italia, Alfa Romeo con Tonale o Lancia con il recupero di un brand altrimenti decaduto, non possono che ringraziare la nascita dell’universo Stellantis, in grado di farli riemergere da una palude sempre più densa che li stava trascinando lentamente verso un triste destino.
Purtroppo non è tutto oro ciò che luccica e anche all’interno del gruppo ci sono siti produttivi che non riescono a decollare, per colpa dei veicoli in produzione in quella determinata fabbrica non in grado di soddisfare gli obiettivi aziendali prefissati a monte. Il caso più eclatante in Italia è quello dello stabilimento laziale di Cassino, in provincia di Frosinone, il quale sforna con varie difficoltà le meccanicamente ottime Alfa Romeo Giulia e Stelvio dal 2016 e più recentemente anche il nuovo SUV Grecale marchiato Maserati.
I prodotti sono validi, ma le vendite non raggiungono gli standard prefissati, creando malcontento sia tra i dirigenti sia tra i lavoratori. Addirittura il 2023 è stato un annus horribilis dal punto di vista delle vetture sfornate, con numeri possibilmente peggiori anche al 2020, anno della prima crisi pandemica che ha visto la paralisi di tutte le attività commerciali e produttive. Pensare che nel 2017 Cassino produceva oltre 135 mila vetture annue, mentre nell’anno uscente si è limitato a soli 48.800 esemplari.
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